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LEZIONI E CORSI Lezioni sulla Grazia


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Introduzione alle lezioni sulla Grazia

Padre Tyn ha dedicato una particolare attenzione al tema della grazia divina nella concezione cattolica. Pur ovviamente basandosi sul dato biblico, l’approccio però non è quello del biblista, ma del teologo sistematico e del moralista. Non c’è pertanto da stupirsi se vedremo poche citazioni della Scrittura e molti riferimenti al Magistero, alla Tradizione, ai Padri, ai Dottori ed ai teologi, soprattutto S.Tommaso.
Si tratta di lezioni di scuola tenute negli ultimi anni della sua vita, nei quali giunge a maggiore maturazione il pensiero che egli aveva già svolto nella tesi di licenza in teologia del 1976 e nella tesi di dottorato del 1978 (pubblicata nel 1979).
L’interesse di Padre Tomas per l’importantissimo argomento, nel quale si riassume tutto l’essere e il vivere cristiano, si concentra su alcuni aspetti: 1. Quello speculativo-sistematico. Riproposizione e sviluppo delle dottrine elaborate da Tommaso e dalla sua scuola nel passato sino ai tomisti contemporanei, soprattutto il Ramirez e il Garrigou-Lagrange. 2. Critica degli errori o comunque di opinioni contrarie di teologi di altre scuole, soprattutto Pelagio, Scoto, Ockham, Suarez e Molina. Padre Tomas sa esporre le loro tesi in modo tale da far apparire come esse tuttora influenzino il pensiero teologico. 3. Una particolare attenzione è dedicata alla concezione luterana della grazia, che è studiata e confutata soprattutto nella tesi di licenza, ma anche in quella di dottorato. Accenni anche ai baianesimo, la giansenismo, al calvinismo.
La grazia, per Padre Tyn, è la partecipazione analogica alla natura e alla vita di Dio, annunciata nella Sacra Scrittura e nella Tradizione, gratuitamente concessa da Dio Padre agli uomini per i meriti di Gesù Cristo nella potenza dello Spirito Santo e tramite i sacramenti della Chiesa. La grazia suscita il pentimento dei peccati, la disponibilità ad accogliere la grazia, il perdono dei peccati e il conseguimento della medesima grazia come qualità accidentale dell’anima.
E’ questo il processo della giustificazione. Esso viene descritto con meticolosa precisione, per quanto alla mente umana sia concesso affrontare simili misteri trascendenti della vita divina. La grazia infatti non è Dio; eppure è di essenza divina ed è dono soprannaturale di Dio, non esigito dal fine ultimo naturale dell’uomo, ma tale da condurre l’uomo al conseguimento del fine soprannaturale che consiste nella gloria eterna dei figli di Dio ad immagine del Figlio e nella visione beatifica.
Preoccupazione costante di Padre Tyn è quella di distinguere con chiarezza la natura umana dalla grazia, così da evitare: 1. la confusione, che potrebbe condurre al panteismo; 2. Il soprannaturalismo, per il quale la natura viene sottovalutata e la grazia appare come l’attuazione della natura intesa come semplice possibilità della grazia. La natura viene assorbita dalla grazia e l’uomo diventa un essere soprannaturale; 3. Il naturalismo, secondo il quale la natura non è che una semplice decorazione della natura nella linea con la natura ed originata dalla natura. La grazia viene abbassata a natura e si rischia l’ateismo.
Nell’ambito della suddetta distinzione, Padre Tyn sottolinea l’accidentalità della grazia non solo nel senso che essa non fa parte della natura umana e si trova in essa come accidente nella sostanza; infatti la grazia è sostanza solo in Dio, mentre invece la grazia inerisce intimamente alla natura come un accidente inerente aderisce alla sostanza. Ma la grazia è accidentale anche nel senso dell’accidente contingente, il quale può essere acquistato e può essere perduto. La grazia è acquistata con la giustificazione ed è perduta col peccato mortale. Viceversa, la natura può essere corrotta dal peccato, ma non mai persa del tutto. Qui Padre Tomas si oppone alla dottrina rahneriana dell’apriorismo della grazia, della sua permanenza e della sua inammissibilità come integrazione finale della natura umana concepita peraltro come essenzialmente orientata a Dio come “orizzonte della trascendenza umana”.
Altro importante aspetto del pensiero tyniano sulla grazia è lo studio del rapporto di essa col libero arbitrio dell’uomo, e quindi in sostanza il rapporto di Dio con l’uomo nella storia della salvezza: la parte di Dio e la parte dell’uomo. Qui Padre Tomas ha modo di confrontarsi soprattutto con la posizione di Lutero e di Molina: Lutero, il quale, esagerando la corruzione della natura dopo il peccato, esagera corrispettivamente la funzione della grazia. Dalla parte opposta Molina, il quale, esagerando il potere del libero arbitrio, sottovaluta la funzione della grazia.
Riprendendo la dottrina dell’Aquinate, confermata e sviluppata dall’insegnamento del Concilio di Trento e del successivo Magistero della Chiesa, Padre Tyn spiega invece come il libero arbitrio non sia distrutto col peccato, ma solo indebolito e comunque insufficiente da solo a guarire le ferite conseguenti al peccato e a togliere la tendenza al male senza il soccorso della grazia. La quale causa nell’uomo il pentimento e la disponibilità ad essere salvato. Inoltre causa e muove gli atti stessi meritori del libero arbitrio, mediante i quali l’uomo collabora con l’azione della grazia in ordine alla liberazione dal peccato ed all’acquisto della salvezza.
Padre Tyn quindi respinge anche l’interpretazione molinista della concordia fra la grazia e il libero arbitrio, la quale sembra porre Dio e l’uomo sullo stesso piano, come se si trattasse di due cause della salvezza non subordinate ma semplicemente coordinate e indipendenti l’una dall’altra: non Dio che causa l’atto umano, ma l’atto umano insieme ed accanto a quello divino, come può accadere nella collaborazione fra due semplici creature. In Molina la grazia perde quindi la sua trascendenza e la sua funzione premotrice e causante, per abbassarsi al livello di un intervento a cose fatte o in previsione di ciò che l’uomo farà e per dare all’uomo quel supplemento di forza del quale ha bisogno. Quindi un neopelagianesimo. La dottrina rahneriana della grazia come autotrascendenza e compimento dell’uomo in Dio non è molto lontana.
Una particolare attenzione è dedicata anche al delicato tema della predestinazione, dottrina teologica che suppone la verità di fede secondo la quale Dio offre a tutti la salvezza, ma non tutti si salvano. C’è allora da spiegare perché e come alcuni si salvano ed altri no. Nel clima teologico attuale, nel quale è diffusa l’idea eretica secondo la quale tutti si salvano, è chiaro che la questione della predestinazione perde completamente di senso e di interesse. Ma si tratta di un grave errore. E Padre Tomas, fedele al suo programma di ricordare le verità dimenticate, sfida il moderno buonismo, soffermandosi a lungo sul tema della predestinazione, sempre offrendoci una visuale eminentemente equilibrata e fedele alla dottrina della Chiesa.
Padre Tomas considera inoltre la grazia dal punto di vista della storia dell’uomo, così come essa è interpretata e narrata dalla divina rivelazione e dalla dottrina della Chiesa. Da questo punto di vista la grazia subisce un’evoluzione, relativa ad un succedersi di stati o situazioni dell’uomo, per ciascuno dei quali Dio dona una grazia speciale. Alla grazia edenica prima del peccato originale corrisponde la presenza di doni preternaturali e soprannaturali, che poi vengono perduti col peccato.
Successivamente, grazie alla divina misericordia, l’uomo è liberato dal peccato dalla grazia di Cristo, la quale è un principio di guarigione della natura, che però sana solo gradualmente ed imperfettamente nella presente vita mortale. Adesso l’uomo deve continuamente liberarsi dal peccato, sempre di nuovo risorgente e progredire nelle virtù naturali e soprannaturali. Alla grazia sanante Cristo aggiunge la grazia elevante, che rende figli di Dio, ad immagine del Figlio, mossi dallo Spirito Santo, destinati, dopo la morte, alla visione immediata della SS.Trinità. La grazia deve crescere continuamente fino a giungere alla sua pienezza finale nella vita eterna dopo la morte.
Padre Tomas accoglie volentieri altresì il dialogo ecumenico con i Luterani, senza tuttavia sconsiderati cedimenti, equivoci irenismi od opportunistici silenzi, che danneggiano sia i cattolici che i protestanti. Indubbiamente egli risente del clima preconciliare nell’evidenziare i contrasti e gli errori dei protestanti, piuttosto che nel sottolineare le verità comuni.
Respinge giustamente certi autori come Otto Pesch, troppo concordista fra Tommaso e Lutero. Nell’attuale clima ecumenico, nel quale ormai non si parla più degli errori dei protestanti, la dottrina di Padre Tomas ha l’utilità di farci tenere gli occhi aperti e di non farci illusioni. Non sappiamo come egli avrebbe accolto la recente Dichiarazione congiunta tra il Consiglio per l’unità dei cristiani e la Federazione luterana mondiale sulla Giustificazione del 1999.
Ma possiamo supporre che, data la sua fedeltà agli insegnamenti della Chiesa, egli non avrebbe avuto difficoltà, anche se dobbiamo ricordare che il documento non è l’emanazione di una Congregazione romana, ma di un Consiglio della Curia, quindi non dotato di infallibilità, anche se tocca temi dottrinali. Peraltro, uno studio approfondito, che non è possibile fare qui, dovrebbe chiarirci quanto nelle posizioni attuali dei Luterani corrisponde a ciò che Lutero effettivamente disse o forse invece si avvicina alle posizioni cattoliche. Per avere una visione completa della situazione attuale dell’ecumenismo con i protestanti, bisogna accompagnare il documento del Consiglio con la critica che Padre Tyn fà agli errori di Lutero in base alle condanne del Concilio di Trento, nella misura in cui i protestanti continuano ad accoglierli.
Padre Tomas ci dice pertanto che cosa pensava Lutero a prescindere da posizioni diverse, più vicine alle cattoliche, che oggi essi possono avere - e noi cattolici possiamo anche compiacercene - i fratelli luterani. Non è invece evidentemente pensabile per un cattolico che la Chiesa nell’accordarsi con i Luterani, abbia cambiato la sua dottrina. E’ pensabile invece che i dialoghi ecumenici abbiano dissipato certi equivoci o certi malintesi, eventualmente legati al fervore delle polemiche del passato. Naturalmente non si può escludere, nell’interpretazione tyniana di Lutero, la possibilità di qualche errore.
E’ chiaro comunque che la Chiesa cattolica, come accenna lo stesso documento conciliare sull’ecumenismo Unitatis redintegratio, si attende che siano i Luterani a rinunciare ai loro errori per entrare nella Chiesa cattolica. Il discorso della “conversione” non lasciamolo ai lefevriani, ma esso è e resta sempre genuinamente cattolico. Invece il dialogo equivoco e inconcludente lasciamolo ai neomodernisti, falsi amici dei Luterani.

Fr.Giovanni Cavalcoli,OP
Bologna, 12 febbraio 2009

 

   

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